Pensando all’Africa Nera la prima meta che viene in mente non è sicuramente il Senegal. Perché ci sono tanti altri paesi che, quantomeno nell’immaginario collettivo, ne incarnano molto meglio l’idea. E perché, bisogna dirlo, il Senegal non è noto per qualcosa di così grandioso come ad esempio succede alla Tanzania col parco del Serengeti, al Madagascar coi suoi baobab mastodontici o alla Namibia col suo incantevole deserto. E questo per fare solo alcuni esempi. Il Senegal, invece, per cosa è universalmente riconosciuto? Per la Parigi-Dakar, che manco più si fa qui ma si è trasferita dall’altra parte del mondo; (forse) per il Lago Rosa che poi non é nemmeno più tanto rosa; per Youssou N’Dour, ma solo per chi nel 1994 era adolescente e canticchiava 7 Seconds (tra l’altro l’unico pezzo canticchiabile è quello in inglese non cantato da lui, ma questo è un dettaglio). Basta poi fare una veloce ricerca su Google Immagini utilizzando la chiave di ricerca “Senegal” per aver conferma che forse bho… è meglio scegliere un’altra meta dato che non sembrano esserci attrazioni così degne di nota. In sostanza perché andarci, quindi? Per un po’ di tempo dopo essere rientrata dal mio viaggio in terra senegalese, avrei cercato di persuadere gli ignari turisti volenterosi di visitare questo paese a dirigersi altrove. Perché per me è stato un viaggio impegnativo -fisicamente ma soprattutto mentalmente- e ho dovuto far decantare per un bel po’ tutte le emozioni prima di capire che, in fin dei conti, è un paese che ho amato anche se non è stato proprio un colpo di fulmine (in questo articolo racconto in maniera più approfondita il dietro le quinte ed elenco le 10 cose che più ho apprezzato).
Passando a questioni più pratiche, nelle righe che seguono vi espongo il mio itinerario on the road in Senegal di due settimane, che potete utilizzare come spunto per realizzare il vostro. Sotto all’itinerario alcune considerazioni su cosa farei e non farei più col senno di poi. Ci tengo a ribadire che si tratta di un itinerario fai da te che solo in minima parte è stato studiato a tavolino prima di partire, ma che principalmente è stato frutto dell’ispirazione del momento (e della possibilità di realizzarla).
Giorno 1: Italia > Dakar
Il primo giorno lo passiamo in viaggio, partendo verso l’ora di pranzo da Milano e facendo scalo a Tunisi. Voliamo Tunisair, che non è proprio la miglior compagnia aerea al mondo, ma almeno ci recapita a destinazione (i nostri bagagli, invece, arrivano dopo un giorno).
Abbiamo scelto un alloggio in una posizione che ci sembrava piuttosto strategica e che si è rivelata tale, consapevoli del fatto che per spostarsi in una città come Dakar avremmo dovuto ricorrere al taxi.
NB a partire da inizio dicembre 2017 Dakar ha un nuovo aeroporto, l’Aéroport International Blaise Diagne, che dista un’ora abbondante di macchina dalla città. Quello vecchio, ancora vivo e vegeto nel momento in cui abbiamo prenotato il volo, era molto più comodo e questo cambio che ci è stato notificato non molto prima della partenza, ci ha costretto a rivedere un po’ l’itinerario che avevamo pensato: la visita di Dakar l’abbiamo esaurita nei primi giorni, senza più ripassarci e ripartire alla volta dell’Italia direttamente da Mbour sulla Petite Côte, più comoda per raggiungere l’aeroporto. Quando son transitata io con le mie amiche dall’aeroporto Blaise Diagne era stato inaugurato da poco ed era tutto ancora un work in progress (leggi: un gran casino). Vi dico solo che il check-in ce lo hanno fatto a mano, cercando i nostri nomi in un elenco di carta… Mi auguro che nel frattempo si siano organizzati un po’ meglio e che la vostra esperienza possa essere meno complicata della mia 🙂
Giorno 2: Dakar > Ngor > Lago Retba > Dakar
Da qui proseguiamo a piedi lungo la corniche. Quasi subito incontriamo les Mamelles, due collinette vulcaniche dalla forma inequivocabile, in una delle quali c’è un faro, e poi, dopo un’oretta di cammino a passo rilassato, raggiungiamo la Pointe des Almadies, il punto più a ovest di tutta l’Africa continentale. Siamo nella penisola di Capo Verde, ossia una striscia di terra che dal centro di Dakar si allunga nell’oceano. Qui ci sono un sacco di localini in riva al mare in stile occidentale, alberghi e residenze di gente che soldi ne ha parecchi. Tutto sommato però non è nulla di speciale ma, a quanto pare, chi vuol far turismo di lusso a Dakar viene qui. Sempre nella penisola di Capo Verde, ma nella parte più a nord, si trova Ngor, un villaggio di pescatori in riva al mare sporco, incasinato ma affascinante a modo suo (ne vedremo tanti di posti così nei giorni successivi). Ci concediamo un pranzo a base di pesce in un locale sulla spiaggia -è il giorno di Natale!- ma non replicheremo più durante la vacanza perché i tempi di preparazione dei pasti son davvero biblici.
Giorno 3: Dakar > Isola di Gorée > Dakar
Nel pomeriggio torniamo a Dakar e facciamo un salto al mercato Sandaga dove però è impossibile girare indisturbate: oltre alla troppa gente, veniamo prese d’assalto da personaggi fastidiosi e insistenti che non ci lasciano respirare.
Il nostro tour di Dakar finisce con una passeggiata che ci porta ad attraversare l’Avenue Pompidou -gli Champs-Élysées de noantri– fino all’immensa place de l’Indépendance.
Giorno 4: Dakar > Saint Louis
Apro un attimo una parentesi sui sept-place, trattandosi del mezzo di trasporto che rappresenta in fin dei conti la soluzione migliore e più “comoda” per chi viaggia in autonomia (il concetto di comodità è ovviamente molto relativo): si tratta di taxi collettivi che partono quando sono pieni, ossia al raggiungimento dei 7 posti disponibili per i passeggeri. Sono delle Peugeot 504 station wagon, nella stragrande maggioranza dei casi conciatissime, che si prendono la mattina sul presto (è difficile trovarne di pomeriggio, soprattutto per alcune tratte) alla stazione dei pullman delle località più grosse e per la strada nei villaggi più piccoli. Il prezzo è moderatamente contrattabile (gli autisti senegalesi non sono molto propensi a scendere coi prezzi) e cercheranno sempre di farvi pagare anche il bagaglio nonché di applicarvi un prezzo da toubab, ossia da forestiero. Ma si sa come funziona in certi paesi.
Ma torniamo a Saint-Louis città che, a detta di molti, è la più bella del paese. Una città che si sviluppa su un’isola lunga e stretta (un po’ come Manhattan!), collegata alla terraferma da due ponti, uno dei quali è il celebre ponte metallico Faidherbe, protetto dall’UNESCO dal 2000. Saint Louis è il luogo in cui i francesi fondarono la prima colonia permanente nel territorio del Senegal ed è proprio per questo che le sue vie polverose sono un susseguirsi di vecchi edifici coloniali, molti dei quali in rovina, che rappresentano proprio il fascino peculiare di Saint-Louis. Ricorda un po’ L’Avana, per chi è stato a Cuba. La città tutto sommato è piccola e si visita in una mezza giornata. Da non tralasciare è l’attraversamento del ponte (cosa piuttosto scontata poiché, se non lo si attraversa, non si può proprio entrare in città) e il vivace quartiere dei pescatori situato sulla langue da Barbarie dirimpettaia all’isola, da dove partono e arrivano le piroghe super colorate di chi va a cercare fortuna in mare. I momenti della partenza e, soprattutto, del rientro dei pescatori sono quelli più movimentati e pittoreschi.
Giorno 5: Saint-Louis > Santuario nazionale degli uccelli di Djoudj > Saint-Louis
Giorno 6: Saint Louis > Louga
In mattinata, senza troppa fretta, prendiamo un sept-place per raggiungere Louga a un’ora di distanza. La città non è nemmeno citata sulla guida perché sostanzialmente non c’è nulla da vedere, ma noi siamo capitate qui per il Fesfop, il festival del folklore e delle percussioni di cui avevamo sentito parlare da amici prima di partire (qui un piccolo spoiler danzante). Si tratta di una manifestazione di più giorni a cui partecipano artisti da tutto il paese e anche da fuori, dove i turisti si contano sul palmo di una mano. È un evento di dimensioni notevoli e molto popolare anche se praticamente escluso dai circuiti turistici, che però ho trovato un po’ disorganizzato per essere appunto così grosso: nessuno sapeva nulla degli eventi collaterali organizzati nei vari quartieri, gli orari erano super indicativi e le serate son cominciate con oltre un’ora di ritardo rispetto al programma (non ti aspetti precisione svizzera, ma un minimo…). Ammetto di non essere troppo in grado di apprezzare l’arte delle percussioni, ma non so se sinceramente ci tornerei. Tuttavia il contesto è stato simpatico: Louga si è rivelata un’esperienza autentica (interessante il mercato) e dormire al villaggio allestito proprio in occasione del festival è stato divertente.
Giorno 7: Louga > Lompoul-sur-Mer
Giorno 8: Lompoul-sur-Mer > Touba > Toubakouta
In serata raggiungiamo finalmente il tranquillo villaggio di Toubakouta, da dove cominceremo l’esplorazione della regione del Sine-Saloum.
Giorno 9: Toubakouta > Mar Lodj
Giorno 10: Mar Lodj
Giorno 11: Mar Lodj > Palmarin > Djiffer > Palmarin
Giorno 12: Palmarin > Joal Fadiouth
Joal invece è famoso per essere il villaggio che ha dato i natali a Léopold Sédar Senghor, politico, presidente del Senegal dal 1960 al 1980 e poeta. Un personaggio decisamente sopra le righe sul quale si può imparare qualcosa in più prendendo parte a una visita guidata alla sua casa natale, la Mbind Diogoye, letteralmente la dimora dei leoni. La casa in sé è piuttosto spoglia ma la visita guidata, seppur un po’ lunghetta, è interessante e soprattutto molto divertente: Étienne, il “padrone di casa”, è davvero spassosissimo. Inoltre non chiede soldi, ma è bene lasciare un’offerta.
Giorno 13: Joal Fadiouth > Mbour
Da Joal Fadiouth ci dirigiamo infine verso la nostra ultima tappa, la “mondana” Mbour. Lo facciamo prendendo un autobus, terminando così l’utilizzo dei sept-place, e ci mettiamo un’oretta abbondante. Cerchiamo alloggio non lontano dal mare dove trascorrere le ultime due notti.
Mbour è una città grande e incasinata che però offre una spiaggia niente male che a tratti ricorda quelle dei Caraibi. Alla fine, due giorni qui a rilassarsi qui ci possono stare tutti. La zona vicino al mare è un susseguirsi di resort di lusso (ci hanno chiesto oltre 300€ per una stanza, ma abbiamo gentilmente declinato) dove gli stranieri, principalmente francesi, si parcheggiano per una settimana senza nemmeno mettere il naso fuori per vedere cosa c’è.
Giorno 14: Mbour
Giorno 15: Mbour > Italia
Dopo un’ultima giornata trascorsa tra spiaggia e mercato, prendiamo un taxi per andare in aeroporto e salutiamo così il Senegal. Un paese che ci ha messo molto alla prova ma che, in fin dei conti, ci è piaciuto 🙂
Qualche considerazione a freddo
Come già detto in più di un’occasione, non son stata in grado di apprezzare da subito questo paese, ho dovuto metabolizzare un po’ tutte le tante emozioni che ho provato nel corso delle due settimane che ci ho trascorso. Meglio tardi che mai, comunque 🙂 A prescindere da ciò, è oggettivo il fatto che il Senegal a livello paesaggistico non abbia le bellezze di altri paesi africani: non è qui che si viene per fare un safari e vedere gli elefanti o le giraffe in amore, non è qui che si viene per rimanere a bocca aperta davanti a quei tramonti africani che si vedono nei dépliant turistici e non è qui che si viene a vivere un’esperienza di immersione nell’immensità del deserto. Quindi perché il Senegal? Al di là di essere una meta più comoda da un punto di vista logistico rispetto ad altre (con un volo diretto, 5 ore e passa la paura) un viaggio in Senegal è un viaggio più che altro per entrare a contatto con la gente, visitare villaggi, ascoltare storie e godere della teranga senegalese ossia l’accoglienza, e apertura al prossimo. Ed è tutto molto più toccante se si pensa a come troppo spesso vengono trattati da noi i senegalesi… Le stesse persone che cercando di venderci accendini o libri fuori dai negozi e che noi il più delle volte ignoriamo o ai quali ci rivolgiamo male, nel loro paese fanno di tutto per farti stare bene, nella maniera più disinteressata del mondo. Uno spunto per riflettere. [continua dopo la foto]
Da un punto di vista più pratico, il mio itinerario credo sia piuttosto equilibrato e che permetta di farsi un’idea completa (o quasi) del Senegal. In poche parole: lo rifarei più o meno così.
Ho soltanto qualche dubbio su Louga, ma principalmente perché non son stata molto in grado di apprezzare il festival.
Per quanto riguarda Dakar, ammetto di non averle dedicato più di tanta attenzione, mi sono limitata a vedere il “minimo sindacale” per scappare via al più presto. È una città grande, incasinatissima e super inquinata. Una megalopoli che non ti fa innamorare a prima vista, anzi è molto più probabile che ti faccia l’effetto opposto. Però, come mi è capitato altre volte in città più o meno analoghe, dopo l’odio iniziale ho imparato a conoscerle e apprezzarle (un esempio lampante è stata Nuova Delhi). Son certa che anche Dakar abbia un suo lato nascosto che valga la pena di conoscere.
Inoltre un piccolo rimpianto ce l’ho ed è quello di non aver visitato la Casamance, la regione a sud del paese ai confini con la Guinea-Bissau. Avrei tanto voluto, ma per motivi di tempo e soprattutto logistici non sono riuscita. Avrei potuto sacrificare un giorno sull’isola di Mar Lodj e uno a pancia all’aria sulla spiaggia di Mbour per tentare di dirigermi verso sud, ma l’incognita di non farcela a fare tutto era comunque grande. Per arrivare in Casamance si deve attraversare la Gambia, con le formalità frontaliere del caso da smazzarsi e, una volta là ci sarebbe voluto tempo per spostarsi e visitare i vari luoghi di interesse. Peccato, ma è andata bene lo stesso così: ho avuto modo di godermi la Petite Côte con il giusto ritmo rilassato. E poi visto il bel ricordo che alla fine il Senegal mi ha lasciato… non escludo di non tornarci! 😀
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Altri articoli che ho scritto sul Senegal:
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Grazie per il tuo racconto di viaggio! A fine febbraio dovrei andar in senegal. Arrivo a dakar alle 3.20 di notte e vorrei scendere direttamente a djiffer. Ho visto che vi sono taxi privati ma saranno carissimi..puoi consigliarmi come fare per scendere e risalire e il nome di eventuali fermate, bus etc?ho letto che per certe destinazioni le auto ed i bus partono al mattino presto per cui pensavo di andare direttamente nonostante l'orario..
La mia paura è di rimanere a piedi o aspettare per ore.
Grazie mille
Ciao jlenia,
grazie a te per il commento!
Djiffer è parecchio lontana da Dakar, coi mezzi pubblici e il tempo di attesa per prenderli ci metterai un bel po'.
Secondo me ti conviene andare dall'aeroporto direttamente a M'bour che rimane sulla strada per Djiffer e da lì prendere poi un sept-place per scendere (è possibile che tu debba fare qualche cambio).
Io ricordo che esisteva una sorta di autobus pubblico che dall'aeroporto portava a un'autostazione a Dakar (anche noi siamo atterrate in piana notte ma non abbiamo dovuto aspettare nemmeno troppo) e suppongo ci sia qualcosa anche per M'bour (città che è addirittura più vicino all'aeroporto rispetto alla capitale). Purtroppo però non riesco a essere più precisa di così... in Senegal certe cose si scoprono solo sul posto!
Buon viaggio, fammi poi sapere com'è andata!
Silvia