Caviadini, Cabiadini se di Barzio o Caviaditt in dialetto: in qualsiasi modo li si voglia chiamare, stiamo parlando dei biscotti tipici della Valsassina (Lecco) che conquistano per la loro semplice bontà e incuriosiscono per la loro forma che ricorda un po’ un nodo.
Qualcuno tempo fa li dava per spacciati, includendoli nella lista delle specialità lombarde a rischio d’estinzione. Ma se si fa un giro in Valsassina o negli immediati dintorni questa tesi viene subito smentita: i caviadini sono vivi e vegeti e si possono trovare in tutti i panifici e le pasticcerie locali. Il tipico biscotto Valsasnat non è quindi così difficile da reperire e, anzi, non mancano varianti della ricetta originale, “cioccolatose” o con farina integrale.
Ci troviamo davanti al milionesimo dolce della tradizione italiana, “senza troppe pretese” e con una storia centenaria alle spalle poiché se ne parla dal lontano 1600.
Se sul periodo di nascita si è più o meno tutti d’accordo, sul luogo preciso che ha dato i natali al biscotto c’è invece una diatriba in corso tra i vari paesi della zona, che dura dalla notte dei tempi: i caviadini sono nati a Pasturo, a Barzio, a Ballabio oppure a Introbio? Non è molto semplice incoronare un vincitore – come in tutte le faccende simili la competizione è molto agguerrita – ma pare che il favorito sia Barzio, comune che ne ha rivendicato la paternità e che nel 1965 ha pure ottenuto il marchio d’impresa.
Abbiamo già visto che siamo davanti all’ennesimo prodotto da forno non particolarmente elaborato, ma per questo non meno goloso. Il trucco è sempre lo stesso: usare ingredienti di qualità, lavorarli con maestria e metterci tanto ammmmmore. I caviadini sono realizzati con pochi e semplici ingredienti: farina bianca, burro (parzialmente sostituibile con lo strutto), uova, lievito vanigliato, zucchero, sale e zucchero granellato da usare come guarnizione. Se ne trovano di tipologie più ruspanti, come anche di più raffinate e il gusto, ovviamente, varia un po’. Io, ad esempio, trovo superlativi (ma non proprio regalati) quelli della pasticceria Santa Marta di Lecco, ma adoro anche quelli più casalinghi e sempre buonissimi di un piccolo bar vicino alla stazione di Lierna ai quali, ammetto, non avrei dato 100 lire. E, invece, da quando li ho provati mi invento spesso giri in zona anche al solo fine di fare scorta di caviadini. Ovviamente non ho potuto assaggiare tutti i caviadini della Valsassina quindi se avete qualche posto speciale in cui comprarli, condividetelo con tutto l’Internet nei commenti! 🙂
La cosa più divertente di tutte però è il nome curioso che ha questo biscotto. Se ci fate caso, è una sorta di vezzeggiativo del sostantivo cavia, esattamente nell’accezione a cui state pensando, ossia persona o cosa assoggettata a prove sperimentali. Pare che in tempi passati, un cuoco della Valsassina si sia trovato a dover preparare, senza preavviso e con i soli ingredienti che aveva sotto mano in quel momento, un dolce da offrire a ospiti importanti e che, quindi, abbia chiesto a dei colleghi di fargli da cavia nel provare la sua creazione prima di portarla in tavola. Peccato non essere stata io lì a sacrificarmi… lo avrei fatto più che volentieri!
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