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African wax prints: la storia dei coloratissimi tessuti africani

    Categorie Africa

Io che adoro vestire colorato in Senegal sono andata a nozze: ho visto vestiti e tessuti che voi umani non potete neanche immaginare. Ho cercato di immortalare quante più donne possibili (previa richiesta di consenso, si intende) per portarmi a casa i ricordi dei loro vestiti sempre abbinati a quella sorta di foulard che si avvolgono sulla testa. E ho passato ore nei mercati a rovistare tra le pile di tessuti coloratissimi per trovare quelli più adatti a me (a dire il vero li avrei comprati tutti!), per poi andare alla ricerca di un sarto per farmi confezionare dei vestiti su misura (il bottino che ho portato a casa è composto da due gonne e un abito a tubino), consapevole però del fatto che nonostante l’abito, non posseggo nemmeno un decimo dell’eleganza delle donne africane. Dovrò farmene una ragione.

Dietro ai tessuti africani, generalmente conosciuti come wax, c’è un bel po’ di storia e le diverse fantasie non sono “a caso” ma hanno (quantomeno avevano) dei significati ben precisi.
Il wax, che letteralmente significa cera, è un tessuto di cotone colorato che viene cerato su entrambi i lati affinché diventi molto resistente. In principio non era destinato ai mercati africani, ma ci è capitato un po’ per caso. Nel lontano 1864 (o giù di lì), la ditta olandese Vlisco realizzò delle stampe batik con metodi industriali che semplificavano di molto la lavorazione artigianale. Questi tessuti dovevano essere venduti in Indonesia, la patria del batik allora colonia olandese, ma non ebbero fortuna in quanto considerati cheap e ciclostile. La produzione di massa, insomma, non piacque da quelle parti. Sulla via del ritorno, le navi olandesi cariche di simil batik fecero sosta in Africa dove invece ebbero un enorme apprezzamento tanto che Vlisco si affrettò ad adattare il prodotto al mercato africano, quindi adottando colori audaci e stampe. Inizialmente il wax era considerato di lusso e la stessa Vlisco aveva un team di stilisti che lavoravano per lei.

Furono le donne africane -non una in particolare- a portare il concetto di alta moda in Vlisco, celebrando l’individualità attraverso la moda: ognuna portava i tessuti acquistati a stilisti e sarti locali per farsi realizzare creazioni uniche e su misura (come ho fatto anche io del resto ma, ribadisco, in quanto ad eleganza… ho ancora molto da imparare). Un po’ come Coco aveva fatto per Chanel

Le fantasie dei tessuti wax avevano dei significati ben precisi: le venditrici locali attribuivano nomi e storie ai tessuti per promuovere e vendere meglio i loro prodotti in arrivo dall’Olanda. Il significato dato ad alcune stampe ha anche fornito un modo per chi le indossava di comunicare qualcosa su se stessa (ad esempio: che si è addolorate per colpa di parenti, in competizione con le altre mogli del marito, pronte a restituire “pan per focaccia”…). E in un’epoca in cui le donne non avevano libertà di esprimersi e l’analfabetismo dilagava, questi tessuti wax hanno dato la possibilità di lanciare alcuni messaggi piuttosto potenti.

Oggi le cose sono sicuramente un po’ cambiate, ma la bellezza di questi tessuti e vestiti è rimasta sempre la stessa.

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